L’APPELLO AI «LIBERI E FORTI» di Don Luigi Sturzo. Un ricordo e un’ispirazione a valori etici e politici di attualità dopo 104 anni fa! a cura di Antonino Giannone
Per i giovani delle generazioni Millennials (nati tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta) – Zeta (nati dal 1995-2010) e Alpha (nati dopo il 2012), ma anche per le generazioni precedenti che lo hanno dimenticato riportiamo l’Appello ai «liberi e forti» di Don Luigi Sturzo. Si tratta del manifesto redatto dalla commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano il 18 gennaio 1919, al momento della fondazione del partito. L’Appello rappresenta una pietra miliare della storia del Cristianesimo democratico italiano.
E’ un documento eccezionale che è stato scritto 104 anni fa e che è di un’attualità incredibile riguardo al richiamo dei valori etici, morali e cristiani a coloro che hanno responsabilità nella società civile e politica. A Tutti Don Luigi Sturzo ha lasciato questo monito: “Servire la Politica e non servirsi della politica”
Oggi, nell’era digitale con il degrado di questi devenni nella gestione della res publica, l’Italia è passata dall’essere la quinta potenza industriale alla ottava posizione e il Canada con la sua economia in crescita ci tallona da vicino.
I Giovani dovrebbero capire che è un loro impegno contribuire alla costruzione o ricostruzione della Polis dovunque si trovino a vivere ed è un monito laico non solo rivolto ai Cristiani, ma a tutte le Persone di buona volontà
Speriamo che, dopo il primo governo politico eletto, nato dopo molto anni, con Giorgia Meloni, primo Presidente donna, nelle prossime elezioni regionali in Lazio e Lombardia ci siano Partiti e Liste civiche che abbiano Candidati Liberi e Forti non solo a parole o con slogan, ma coerenti con i principi culturali e valori etici che esprimono pubblicamente, Candidati che sappiano agire con una visione ideale e i valori del Popolarismo di Don Sturzo, adattato ad un Nuovo Umanesimo per le nuove situazioni della società globalizzata nell’era digitale.
Ci riferiamo al Nuovo Umanesimo, spiegato con le encicliche di Benedetto XVI° (Deus Caritas est, Spe salvi e Caritas in veritate) e di Papa Francesco: Laudato Sì e Fratelli Tutti, non già al nuovo umanesimo del filosofo francese Edgar Morin che dichiara che dio è l’uomo, con il suo potere tecnologico di dominio, e che quindi non ammette la presenza di Dio Creatore nella storia dell’Umanità.
APPELLO AI «LIBERI E FORTI»
Un secolo fa, il 18 gennaio 1919, la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano lanciava l’Appello ai «liberi e forti» rivolto a quanti, «uomini moralmente liberi e socialmente evoluti», erano disposti a impegnarsi a sostenere un progetto politico e sociale per l’Italia all’indomani della Prima guerra mondiale. Tra i membri della Commissione provvisoria, guidata da Luigi Sturzo, vi erano Giovanni Bertini, Giovanni Bertone, Stefano Gavazzoni, Achille Grandi, Giovanni Grosoli, Giovanni Longinotti, Angelo Mauri, Umberto Merlin, Giulio Rodinò, Carlo Santucci.
A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della “Società delle Nazioni”.
E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.
Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l’avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti.
Al migliore avvenire della nostra Italia – sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano – che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d’entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.
Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.
Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl’individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.
Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima
popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.
Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l’incremento delle forze economiche del Paese, l’aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l’analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.
Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi, di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell’organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.
A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl’interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali.
^A cura di Antonino Giannone. Presidente Comitato Scientifico Fondazione Democrazia Cristiana /Fiorentino Sullo