In questo momento di esame e presentazione del Recovery Plan all’Unione Europea da parte del Governo Italiano, un Piano che con le ingenti risorse da investire potrà in diversi settori ammodernare il nostro Paese e renderlo competitivo nell’era digitale a livello europeo e internazionale, migliorando decisamente il livello dei servizi pubblici e riducendo l’eccesso di potere della burocrazia nella Pubblica Amministrazione, riteniamo utile pubblicare per l’attenzione dei lettori, il Report (www.cambialaterra.it del 07/gennaio/2021) sulle recenti decisioni del Consiglio Europeo e il dibattito https://www.cambialaterra.it/2020/12/pac-la-schizofrenia-delleuroparlamento che riguarda la Politica agricola comune (Pac). Abbiamo capito che si tende a mantenere uno status quo che, a nostro avviso, non sarebbe più sostenibile per la salute ambientale e la resilienza ai cambiamenti climatici. Si parla tanto di Grean Deal per il Recovery Fund, ma in realtà i Governi non hanno ancora assunto delle scelte coerenti attraverso una vera Politica Agroecologica, integrale e sostenibile.
Secondo numerosi Esperti del settore, sarebbe necessario il rafforzamento delle Politiche Agroambientali Europee avviate nel 1992, le quali sostengono i redditi degli agricoltori attraverso il pagamento dei servizi effettivamente forniti alla collettività (Misure Agro-climatico-ambientali, per l’Agricoltura Biologica e per il Benessere Animale, la Formazione e l’Assistenza Tecnica per le Innovazioni e gli investimenti Green, il monitoraggio climatico-ambientale, le assicurazioni agevolate, ecc). Servizi che dovrebbero tradursi in Salute e Qualità degli alimenti attraverso il “massimo sviluppo dell’agricoltura biologica e la sostituzione dei Pesticidi Sintetici”, per lo più inutili ed anacronistici, come previsto dalle norme di Produzione Integrata (D.lgs.150/2012), obbligatoria dal 2014 su tutto il territorio europeo, secondo cui i prodotti chimici possono essere impiegati solo in casi eccezionali una volta esauste le tecniche alternative, obbligatorie e prioritarie, su prescrizione di tecnici abilitati (Consulenti Fitosanitari, iscritti negli appositi albi regionali), che verifichino il superamento effettivo delle soglie di danno economico da parte delle avversità delle coltivazioni.
Ciò si traduce in Ambiente e Fertilità dei Suoli (e Umana), Biodiversità, contrasto al Dissesto idrogeologico, Zootecnia estensiva, Conservazione delle Tradizioni Agroecologiche locali, recupero dei terreni e dei villaggi rurali abbandonati, incremento del Lavoro e imprenditorialità Rurale, ecc.
Bisognerebbe avere il coraggio di evitare logiche di contribuzione a pioggia “di pura sopravvivenza”, per affermare , nella tutela del Principio di Precauzione , un Umanesimo Ecologico dei Diritti Inviolabili.
Come dire, i soldi devono andare a chi davvero tutela l’ambiente.
Sulle criticità della politica agricola comune in Europa, in particolare per le esigenze da soddisfare in Italia, è in corso un work in progress da parte degli Esperti del Comitato Scientifico, a conclusione degli approfondimenti provvederemo a pubblicare i risultati dello Studio. ^
Pac: la schizofrenia dell’Europarlamento… di Barbara Battaglia
https://www.cambialaterra.it/2020/12/pac-la-schizofrenia-delleuroparlamento/
Prima l’emiciclo di Bruxelles annacqua gli aspetti green della Pac e congela la situazione. Poi lo stesso Europarlamento pubblica uno studio che boccia l’attuale agricoltura UE definendola “non sulla buona strada” di Barbara Battaglia
“L’agricoltura e le pratiche alimentari dell’UE non sono sulla buona strada rispetto all’ambizione, agli obiettivi e ai traguardi quantitativi fissati dal Green Deal in materia di clima, ambiente, nutrizione e salute in tale settore”. Lo dice uno studio sul tema “Il Green Deal e la Pac: implicazioni politiche per adeguare le pratiche agricole e conservare le risorse naturali dell’Unione”. La ricerca è stata fatta per la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AgrI) del Parlamento europeo: ed ecco la contraddizione. Sì perché poco più di mese fa è stato lo stesso emiciclo di Bruxelles a ridimensionare il carattere green, coerente con le strategie Farm to fork e Biodiversità “targate” Commissione europea, della nuova Politica agricola europea.
Come avevamo già spiegato qui su Cambia la Terra, la nuova Politica agricola europea avrebbe dovuto diventare uno degli strumenti del Green Deal, ma le revisioni uscite dal recente voto dall’Europarlamento e dalla decisione del Consiglio AgriFish non hanno impresso quella spinta innovativa che avrebbe dovuto sostenere la transizione ecologica dell’agricoltura. Il testo della Pac votato il 23 ottobre scorso dall’Europarlamento è stato infatti giudicato da tutto il fronte ambientalista molto deludente: un passo indietro rispetto a quello uscito dalla Commissione Ue. Una sconfitta per la biodiversità, per il clima e per gli agricoltori virtuosi. Questo perché – nel giudizio di Verdi e ambientalisti – ripropone un modello di agricoltura vecchio e non adatto a rispondere alle sfide che ci aspettano.
Lo studio dell’Unione Europea
Ora la conferma di questo giudizio negativo arriva proprio dallo studio commissionato dallo stesso Parlamento europeo. “Per rendere la Pac post-2020 compatibile con gli obiettivi del Green Deal sono necessarie modifiche sostanziali alle proposte avanzate dalla Commissione nel giugno 2018 riguardo a tale politica”. E’ quanto si legge nel report in riferimento alla proposta della vecchia Commissione. Ma non nella direzione intrapresa dai parlamentari europei. Al contrario, in direzione degli orientamenti della nuova Commissione. Per i ricercatori, infatti, sarebbe “essenziale applicare più efficacemente il principio ‘chi inquina paga’ su cui si basa la condizionalità, per giustificare meglio la rafforzata applicazione del principio di ‘chi fa riceve’, che pone l’accento sia sui regimi ecologici che sulle misure climatiche e ambientali”.
In secondo luogo, “le misure dei regimi ecologici del primo pilastro che sono interamente finanziate dal bilancio europeo devono rivolgersi ai beni pubblici globali, vale a dire la mitigazione dei cambiamenti climatici, la conservazione e il ripristino della biodiversità nonché il benessere degli animali. In terzo luogo, i regimi ecologici devono essere integrati da misure del secondo pilastro incentrate sui beni pubblici locali, segnatamente la quantità e la qualità dell’acqua, la fertilità del terreno e la diversità dei paesaggi”.
Gli attuali criteri di condizionalità, dunque, “non dovrebbero essere indeboliti e si deve porre fine alle deroghe al fine di aumentare l’efficacia ambientale della Pac e colmare le lacune”. Infine, sul fronte economico – uno degli aspetti più discussi dai produttori biologici – secondo lo studio “dovrebbero essere introdotti due nuovi bilanci separati nell’ambito del primo pilastro, destinando il 15 % della spesa alle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici e il 15 % alle misure a favore della biodiversità. Il 35 % della spesa del secondo pilastro dovrebbe concentrarsi sugli interventi ambientali”. Come dire, i soldi devono andare a chi davvero tutela l’ambiente.
“La Pac – si legge infine nel rapporto – non consente di applicare, comunicare e monitorare in misura sufficiente i progressi compiuti, né impone un piano d’azione correttivo efficace se non si verificano progressi. […] La dimensione climatica e ambientale della Pac deve essere rafforzata e la Pac stessa deve essere estesa come parte di una politica alimentare più mirata e completa”.
Il report è firmato da due istituti francesi, Inrae e AgroParisTech, e in particolare da Hervé Guyomard, Jean-Christophe Bureau, Vincent Chatellier, Cécile Detang-Dessendre, Pierre Dupraz, Florence Jacquet, Xavier Reboud, Vincent Requillart, Louis-Georges Soler, Margot Tysebaert.
Lo studio completo, disponibile in inglese, può essere scaricato a quest’indirizzo: https://bit.ly/35HmZJg.
Intanto proseguono i lavori e la discussione del trilogo riguardo alla riforma della Pac. È l’ultimo stadio della procedura legislativa ordinaria, in cui si confrontano e cercano una sintesi Consiglio, Parlamento e Commissione Ue. La Commissione ascolterà il monito del Parlamento europeo?
^Premessa e riporto in grassetto a cura della Redazione del Comitato Scientifico della Fondazione Democrazia Cristiana.