Sul Recovery Fund o meglio sul Recovery Plan, cioè sui Progetti che il Governo Giallo-Rosso di Giuseppe Conte, sostenuto dal PD+M5S+LEU+IV, dovrà presentare all’Unione Europea, entro il 15 Ottobre, pubblichiamo questo contributo di Vitaliano Gemelli, membro del Comitato Scientifico (C.S.) della Fondazione Democrazia Cristiana e Coordinatore del Gruppo di Lavoro dell’Area Tematica: Economia e Finanza, una delle 21 Aree tematiche del C.S. nelle quali operano con spirito di volontariato 70 Esperti professionisti affermati che operano nella società civile.^
PESSIMISMO SULL’IMPIEGO DEI FONDI DEL RECOVERY FUND DI VITALIANO GEMELLI
La sollecitazione del caro Amico Prof. Antonino Giannone per inviare un mio pensiero sul Recovery Fund mi spinge a fare alcune considerazioni, che ripetono quanto già fatto oggetto di altre mie riflessioni passate. Il Governo e la sua maggioranza, oltre che l’opposizione che dovrebbe evidenziare una strategia di lungo periodo da molto tempo assente, dovrebbero domandarsi quale politica economica intendono fare per il nostro Paese, inserito radicalmente e indiscutibilmente nell’Unione Europea, senza pencolare tra populismo, assistenzialismo e dirigismo, con fallimento conclamato, in altri tempi. Vi sono alcuni esempi di politica industriale che evidenziano l’inadeguatezza della politica del Governo: la sregolata gestione dell’ILVA di Taranto, che invece di valorizzare un prodotto di eccellenza sul mercato mondiale, ripristinando con il contributo pubblico l’equilibrio ecologico dell’intera area, persegue una nazionalizzazione fuori tempo; La miope gestione di Alitalia, senza coltivare una sinergia con altri vettori, per valorizzare la professionalità e la potenzialità del marchio; lo scarso interesse che si sta vedendo nella gestione delle dismissioni della Consob da parte di Londra e nel rapporto con Euronext, che potrà anche essere un ottimo partner per rafforzare il ruolo europeo del mercato mobiliare, ma con le dovute garanzie che non mortifichino di fatto il mercato nazionale; il dribling fatto alle proposte della Confindustria e delle Associazioni di tutti i produttori, i soli che hanno la possibilità di incentivare sensibilmente i posti di lavoro, per inseguire l’helicopter money , che non produrrà l’incremento della domanda di beni, per effetto della naturale tesaurizzazione (per quanto possa valere, stante l’esiguità delle elargizioni) in un clima di assoluta incertezza e quindi non provocherà un aumento produttivo.
Sul lato del lavoro si è preferito il reddito di cittadinanza (i cui effetti distorsivi sono sotto gli occhi di tutti, con gli abusi e le attribuzioni anche a chi non aveva diritto) all’investimento sulla qualificazione professionale; l’assunzione di tutor che orientassero i disoccupati verso l’offerta di lavoro(inesistente in molte aree del Paese), senza che i tutor fossero qualificati per farlo (prima di essere tutor erano disoccupati) e senza che ci fosse una anagrafe delle disponibilità del lavoro nelle regioni. Né si è pensato ad una riforma radicale del sistema previdenziale, per renderlo più flessibile e meno oneroso; la quota 100 a tutte le altre soluzioni in itinere non soddisfano una questione fondamentale: la sostenibilità del sistema senza una strategia complessiva di aumento sistematico e progressivo dei posti di lavoro in un arco di tempo non inferiore ai dieci anni (allo stato in Italia vi è il 46,4 % di occupati maggiorenni e il 22,2 % di pensionati) a fronte del 60 % di occupati contro il 14,5 % di pensionati in altri Paesi UE). Della proposta del Governo si possono condividere le scelte sui settori di intervento, ma avrei tantissimi dubbi sui metodi di impiego delle risorse, proprio per la impostazione pauperistica della “decrescita felice”, perseguita dal M5S, senza che il PD elevi argini qualificanti per sé e per le prospettive per il Paese.
Inoltre è sempre più evidente che l’iniziativa del nostro Paese verso una politica estera pro-attiva per la tutela degli interessi nazionali è assente o ininfluente, se è vero che per tutelare il porto di Trieste sul quale le società cinesi avevano manifestato un particolare interesse, è intervenuta la Germania con un grandissimo finanziamento, che sottrae all’egemonia cinese una infrastruttura centrale per la logistica internazionale; a conferma della ignavia governativa vi è la mancanza di iniziativa sul porto di Gioia Tauro e sul porto di Taranto, quest’ultimo oggetto di interesse cinese in alternativa al porto di Trieste non più disponibile per merito dei tedeschi. Vi è anche da sottolineare che le pregiudiziali ideologiche del M5S sono fortissime anche sull’utilizzo del MES, che garantirebbe un intervento strategico sulla riforma sanitaria necessaria, adducendo che si tratta di un prestito e non di un contributo a fondo perduto; ma anche i finanziamenti del Recovery Fund, esclusi gli 80 miliardi di contributo, sono un finanziamento da restituire. Ovviamente quando si ottengono risorse a titolo di prestito è necessario impiegarle in maniera produttiva per consentire che il maggior reddito prodotto sia in grado di coprire le tranches previste per la restituzione; se il prestito verrà distribuito a pioggia senza un calcolo economico del ritorno in benefici è normale che trovi delle resistenze in coloro che non hanno intenzione di perseguire la crescita, ma solo la decrescita.
Anche per la gestione dei finanziamenti delRecovery Fund si persegue la deresponsabilizzazione della classe politica, infatti verrà nominata una agenzia che affrancherà di responsabilità i politici che, pertanto, dimostrano di non essere all’altezza del compito. È un metodo che vige da qualche tempo e che ha inventato una serie di meccanismi burocratici che appesantiscono le procedure, solo per evitare che le eventuali responsabilità penali siano ascrivibili ai politici. Ma perché si ha paura di assumersi le responsabilità, se la gestione avviene in “buona fede”? Forse perché si pensa che il sistema giudiziario può essere manovrato? Se così fosse, sarebbe necessaria la riforma del sistema, ma il Ministro in carica si è rivelato quanto di più inadatto ci potesse essere per ricoprire un ruolo, che richiede personaggi di grande autorevolezza; d’altro canto lo scarso funzionamento della giustizia è un fattore frenante dello sviluppo, secondo tutte le agenzie che valutano la capacità del Paese a modernizzare il sistema produttivo.
Fin qui le responsabilità della maggioranza di Governo, i legacci ideologici del M5S e l’inanità delle proposte del PD. Ma l’opposizione non è immune da responsabilità di proposta; infatti l’impostazione sovranista e nazionalista della politica di opposizione, nonostante la tenue differenziazione di FI, ha impedito che una maggioranza del Paese vi si riconoscesse, perché l’elettorato nazionale è prevalentemente di centro e non di destra. Non sappiamo se la leadership dei Conservatori e Riformisti Europei alla leader di FdI e il riposizionamento della Lega, che abbandona il Partito di Marine Le Pen, definiranno un nuovo percorso e nuove proposte in linea con le attese dell’elettorato o serviranno solamente a reimbiancare le facciate, lasciando inalterata la sostanza delle proposte.
Il percorso della politica nazionale, nel suo complesso, è lungo e accidentato, ma il tempo per proporre le soluzioni ai problemi è breve e i problemi sono urgenti e i cittadini non possono più aspettare.
La Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale sono le due Istituzioni che hanno tutta l’autorevolezza di pretendere le modifiche necessarie perché la politica sia al servizio del Paese; confidiamo che svolgano questo difficile compito.
^ Ufficio Stampa del Comitato Scientifico della Fondazione Democrazia Cristiana