Dal 1993 in poi nel nostro Paese si è cambiato più volte il sistema elettorale, perché i Partiti al Governo del Paese hanno ricercato la stabilità della maggioranza parlamentare e si sono ritrovati, successivamente alle elezioni provocate, in minoranza, sancendo una alternanza, democraticamente legittima, che non ha assicurato al Paese la possibilità di realizzare un programma di governo poliennale, secondo il progetto dei Partiti al potere.
Evidentemente l’elettorato non si è riconosciuto in nessun sistema e ogni volta ha bocciato i Partiti che hanno realizzato il cambiamento, considerandolo non rappresentativo degli orientamenti popolari.
La teoria della rappresentanza prevede che ogni cittadini ha il diritto di individuare un proprio rappresentante nelle Istituzioni, nel quale riconoscersi nell’idea di programma istituzionale e di governo proposto, e tutte le idee dei cittadini devono trovare spazio rappresentativo istituzionale.
Il primo criterio di rappresentanza nel mondo classico è stato quello dell’anzianità ( ad Atene vi era l’”assemblea dei cinquecento”, a Roma Romolo creò il “senato” con gli anziani, ma successivamente, nel 500 a.C. circa, l’ammutinamento della plebe, sedato da Menenio Agrippa con il suo apologo, diede origine alla elezione dei “Tribuni della plebe”, dotati di sacrosanctitas – inviolabilità, oggigiorno immunità – prima forma di elezione in rappresentanza di una parte definita della società. Omettendo tutta la parte relativa alle rappresentanze comunali, delle arti e dei mestieri del medioevo, nonché alla elezione del Papa e del sistema elettorale della Gran Bretagna, bisogna arrivare alla Rivoluzione americana e a quella francese per affrontare il problema della rappresentanza.
Nel 1774 le tredici Colonie elessero i propri rappresentanti al Primo Congresso Continentale di Filadelfia per decretare la secessione dalla Gran Bretagna e nel 1789 il “Terzo Stato”contestò il Primo gli Aristocratici e il Secondo il Clero negli Stati Generali, poi divenuti Assemblea Nazionale e diede origine alla Rivoluzione Francese.
Successivamente si affermarono diffusamente i sistemi elettorali “per censo” e “sessisti”, riformati molte volte fino ad arrivare al sistema a “suffragio universale”.
Particolare rilevanza è da attribuire al sistema indiano, che garantisce la rappresentanza delle quattro caste e dei “dalit”, facendo di quel Paese la più grande democrazia del mondo.
È nella Istituzione che si verifica la validità delle idee e dei programmi istituzionali e di governo, nella misura in cui si riescaa registrare la presenza maggioritaria di una impostazione ( che può essere anche composita e inclusiva di posizioni compatibili)sulle altre, le quali devono avere legittimamente lo spazio adeguato e proporzionato al consenso popolare.
Nella formazione del pensiero politico di una nazione trova ampia rilevanza l’ insieme delle culture, che si stratificano nel popolo e quindi nell’elettorato e pertanto possono esserci orientamenti culturali compatibili, incompatibili o parzialmente compatibili, che determineranno la formazione di aggregazioni maggioritarie o meno nelle istituzioni.
Le rappresentazioni delle tendenze culturali, nella misura in cui vengano conculcate per costruire processi maggioritari artificiosi, determinano la caduta di fiducia dell’elettorato nelle istituzioni, creando il fenomeno dell’astensione dal voto in maniera proporzionale alla “infedeltà” rappresentativa creata.
Pertanto la individuazione di un sistema elettorale proporzionale o maggioritario, con preferenze o a lista rigida, con collegi uninominali first past the post oppure con ballottaggio o con sistema alternativo, non è argomento esclusivo di tecnica elettoralistica, ma dovrà tenere in considerazione la capacità del sistema prescelto di essere in grado di rappresentare gli orientamenti culturali esistenti nel Paese, quindi dovrà essere affrontato con un’alta capacità di analisi di sociologia politica, per assicurare la rappresentazione fedele delle tendenze culturali e politiche dell’elettorato.
Né vale, a mio avviso, l’adozione di un sistema comunicativo quale quello attualmente utilizzato, finalizzato a suscitare la reazione immediata dell’elettorato lanciando input emozionali, per raccogliere subito il consenso per evitare di stimolare la capacità riflessiva del cittadino, perché alla lunga il metodo mostra il suo limite e l’elettorato reagisce nell’arco di un tempo limitato, come è avvenuto, determinando una instabilità improduttiva e regredente della situazione (nell’arco di circa sei anni l’elettorato ha decretato prima la vittoria del PD, poi quella del M 5 S e poi quella della Lega).
Inoltre il principio di rappresentanza trova la sua validazione primaria nel rapporto diretto che esiste tra il rappresentato e il rappresentante. Se tale rapporto è mediato dai partiti, si genera necessariamente uno iato, perché i partiti individuano e scelgono i propri rappresentanti, senza che i cittadini abbiano alcuna possibilità di indicazione e quindi gli eletti vengono percepiti dagli elettori non come propri rappresentanti, ma come classe politica dei partiti e conseguentemente come “casta”.
Questo determina una degenerazione del processo di rappresentanza, perché il rappresentato e il rappresentante dovrebbero essere idealmente affini, invece da qualche tempo si avverte una contrapposizione forte tra i cittadini e le Istituzioni, prevalentemente il Parlamento e il Governo, viste come controparte e non come rappresentanti legittimi e condivisi, rendendo innaturale e patologico il sistema di rappresentanza in vigore.
Altro aspetto pregiudicato dal sistema in vigore è quello relativo al potere di controllo che il cittadino ha sul proprio rappresentante, perché il rappresentante è completamente svincolato dal rapporto con l’elettore, in quanto la sua candidatura ed elezione dipende esclusivamente dal partito di appartenenza e non dal rapporto che ha con l’elettorato.
Questo aspetto, oltre a vanificare il potere di controllo del cittadino, contrasta con la Costituzione Italiana, che secondo La Pira non è affatto “atomista” e rousseauiana né statalista ed hegeliana e che nella negazione del vincolo di mandato all’art. 67 sancisce il rapporto diretto tra eletto e cittadino elettore, incardinando direttamente l’eletto all’Istituzione quando dice “Ogni Membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
L’eletto, quindi, non è il rappresentante del Partito a cui appartiene, ma è il legittimo tramite tra il cittadino e l’Istituzione Parlamento e quindi Stato.
Da qualche tempo il M5S ritiene di realizzare la “democrazia diretta” con la “piattaforma Rouseau”, dove gli iscritti al Movimento esprimono il loro parere su quesiti formulati dai gestori della piattaforma sulle scelte che gli eletti pentastellati devono fare nelle Istituzioni.
In linea teorica non si può muovere nessuna pregiudiziale alla democrazia diretta, con i più moderni sistemi digitali, sulla composizione del programma e sulla sua verifica in corso di attuazione, ma bisogna soddisfare alcune condizioni indispensabili per esprimere un voto razionale, consapevole e meditato.
I sistemi non possono essere appaltati a strutture private;
I quesiti posti non possono essere dei “tweets”, ma devono motivare ampiamente la problematica esistente, con ragionamenti ed esemplificazioni per consentire a tutti i destinatari, ovviamente di diversa estrazione sociale, culturale ed economica, di comprenderla;
Le soluzioni proposte devono essere spiegate e devono essere indicate le previsioni di fall out;
Bisogna consentire le controdeduzione del potenziale elettore ed un eventuale dialogo tra i fautori delle diverse proposte;
Bisogna prevedere un tempo ampio di discussione on line, per non strozzare il dibattito e permettere a tutti di esprimersi;
Sarà necessario estrapolare le proposte che ricevono i maggiori consensi e porle in votazione;
Sarà necessario predisporre un sistema informatico “sicuro” per bloccare in entrata hackeraggi e piraterie informatiche invasive, trojans, messaggi occulti e subliminali e ogni possibile violazione del sistema e della riservatezza del voto;
Il risultato della votazione, a quel punto potrà essere assunto, se condiviso, dal rappresentante istituzionale e sottoposto alla valutazione di tutta l’Istituzione.
Ma questa è la teoria; in pratica si dovrà tenere in considerazione che la società ha tante opinioni quanti sono i suoi componenti e i suoi elettori, quindi il rapporto esplicativo con chi formula una proposta dovrà essere prevalentemente interpersonale, per attivare tutte le capacità personali di valutazione, quali quelle dialettiche, empatiche, emotive, mimiche, gestuali, visive, uditive, ecc. (una particolare inflessione della voce potrà convincere maggiormente o manifestare la teatralità dell’interlocutore).
Inoltre vi è un limite insormontabile all’applicazione della democrazia diretta, tanto per la scelta della classe dirigente, cheper la selezione dei programmi, riconosciuto da tanti Stati, che hanno rinunciato.
I nuovi sistemi informatici “quantistici”, al momento sperimentali ma con la prospettiva di essere diffusi e applicati nel giro di qualche anno (forse tra cinque), renderanno permeabile qualsiasi sistema informatico tradizionale, anche il più avanzato e protetto, e quindi la democrazia diretta, teorizzata con enfasi da qualche imprenditore del settore interessato, non risponderà al criterio fondamentale naturale e costituzionale del rispetto dell’espressione libera e tutelata di ogni opinione, perché ogni sistema sarà vulnerabile e manipolabile dai gestori dei “qubit”.( Nel futuro il settore privato dovrà attrezzarsi e difendersi dagli attacchi della concorrenza con tali sistemi; il settore pubblico non potrà correre minimamente il rischio, soprattutto nella scelta della classe dirigente e nell’approvazione delle leggi che regolano una comunità civile).
Tutte le eventuali riforme elettorali che dovessero essere proposte non possono prescindere da tali considerazioni, se vogliono trovare legittimità costituzionale e fedeltà ed efficacia rappresentativa, essendo questi i soli vincoli ammessi dal buon senso e dalla correttezza politica.
La stabilità di maggioranza di governo non è riconducibile al sistema elettorale, ma al consenso che le forze politiche che sono maggioranza o creano una maggioranza di coalizione riescono ad ottenere dall’elettorato, attraverso la predisposizione di un programma condiviso e condivisibile.
È il progetto politico per l’evoluzione del Paese, compreso nel programma dei Partiti della maggioranza parlamentare che potrà garantire la stabilità, anche quando i Governi si susseguono con compagini personali diverse, perché la stabilità non è legata alla permanenza del singolo Governo, ma al progetto politico che sostiene la maggioranza parlamentare.
È provato che nel nostro Paese il programma della maggioranza “centrista” durò circa quindici anni e seppe ricostruire l’Italia dopo la guerra; il programma della maggioranza di “centro-sinistra” durò sedici anni e implementò la legislazione nazionale della dimensione sociale carente, determinando, in continuità con il primo periodo, l’inserimento del nostro Paese tra i sette primi Paesi del mondo; successivamente si aprì una fase importante di rapporto con il PCI, che si assunse indirettamente responsabilità di governo, anticipando la “caduta del Muro di Berlino” e quindi la sua trasformazione ideologica e programmatica fino ad arrivare al PD; sarebbe ingiusto non riconoscere la evoluzione costante dei Partiti politici italiani e dei rapporti tra questi, che ha portato alla crescita dei livelli di civiltà del nostro Paese, fino alla situazione odierna.
L’attualità delle involuzioni autoritarie, sovraniste e autarchiche non può prevalere nella cultura dei cittadini italiani, sacrificando conquiste democratiche irrinunciabili, come la compartecipazione alla sovranità europea e quindi è assolutamente necessario che sia garantito un sistema corretto di rappresentanza degli elettori, che devono riconoscersi pienamente nelle Istituzioni attraverso i propri eletti.
Questo è l’obiettivo che dobbiamo perseguire con pazienza, sgombrando il campo dagli slogans e dalle scorciatoie mortificanti l’intelligenza dei nostri cittadini.
Roma 08 settembre 2019
On. Vitaliano Gemelli