Lo sconquasso del Centro
Con il mio ultimo editoriale del 30 Luglio scorso: “ Verso un nuovo centro democratico e popolare”(www.alefpopolaritaliani.it) , avevo commentato i risultati dell’incontro demitiano di Nusco e i primi timidi segnali derivanti dall’ ”incontro segreto” di Roma tra gli amici de “ La rete bianca”, Giorgio Merlo, Giuseppe De Mita, Lucio d’Ubaldo con Pierferdinando Casini, Bruno Tabacci, Mara Carfagna e altri. Segnali orientati a dar vita a un nuovo centro democratico e popolare in grado di riunire componenti di culture e tradizioni politiche diverse, accomunate dalla volontà di difendere i valori costituzionali e di opporsi alla deriva autoritaria nazionalista e populista a dominanza salviniana.
Ciò che è accaduto ieri in Forza Italia, con l’emarginazione de facto di Giovanni Toti, sempre più sbilanciato nell’abbraccio con Fratelli d’Italia e la Lega salviniana, e il rifiuto della Carfagna di far parte del nuovo “comitato di liquidazione” di Forza Italia, come l’ha definito la brillante deputata campana, è il segnale della scomposizione del centro politico italiano.
La fantasia condita dall’indiscutibile fiuto imprenditoriale del Cavaliere ha partorito l’ennesima idea di un nuovo partito: “ L’Altra Italia” che, a detta di Berlusconi, dovrebbe costituire una federazione di tutti i partiti, movimenti e gruppi espressione soprattutto di quel 50% di elettori sin qui renitente al voto. Un’idea che, credo, risenta molto dell’influenza esercitata dall’amico Gianfranco Rotondi, anche lui “DC non pentito”, da sempre inserito nel partito di Berlusconi in rappresentanza di una frazione di elettorato ex democratico cristiano.
Come fu grazie ai compianti amici, Sandro Fontana e don Gianni Baget Bozzo, che Silvio Berlusconi scelse a suo tempo di aderire al PPE, di cui oggi è nel Parlamento europeo, il più autorevole rappresentante italiano, anche quest’ idea della federazione di tutte le componenti di centro alternative alla sinistra e al governo giallo verde, ha il sapore di un’imbeccata DC rotondiana.
La verità è che in questi ormai venticinque anni della sua discesa in campo, il Cavaliere, come Saturno, ha divorato molti dei suoi annunciati figli ed eredi politici, concludendo, però sempre, col riaffermare la sua immutabile leadership collegata non solo alle sue indubbie capacità carismatiche, ma anche e soprattutto all’ineluttabile legge, come diciamo noi veneti, dell’articolo quinto :“ chi che ga i schei, ga senpre vinto”.
L’inevitabile sfascio di Forza Italia, annunciato dagli ultimi risultati elettorali e dai sondaggi quotidiani, apre un vuoto enorme al centro dello schieramento politico nazionale, tanto più grave nel momento in cui, al tragicomico conflitto tra Lega e M5S, contraenti di un patto che li ha resi protagonisti entrambi di un ruolo a giorni alterni di partiti di lotta e di governo, in caso di elezioni politiche anticipate, l’unica alternativa al dominio salviniano sarebbe svolta, ahimè, in maniera del tutto insufficiente dal partito Democratico. Un partito anch’esso diviso tra annunciate disponibilità ad accordi con il M5S e il netto rifiuto dell’area ancora parlamentarmente maggioritaria dei renziani.
E’ in questo quadro che si pone una seria riflessione sul che fare al centro della politica italiana; al centro, cioè, di un sistema politico retto da una legge elettorale mista maggioritaria-proporzionale che, senza modifiche, richiede necessariamente alleanze, nel quale da molte scadenze elettorali nazionali e locali, quasi il 50% degli elettori è renitente al voto.
Più volte ho definito questa situazione come un classico caso di anomia politico sociale, tanto più evidente, dopo il rapporto SVIMEZ di ieri sulla tristissima condizione del nostro Meridione, in cui, non a caso, il Movimento Cinque Stelle ha vissuto la sua effimera stagione di successo elettorale, sino a portare ai vertici del governo, un giovane senz’arte né parte, neo Masaniello napoletano, rivelatosi, alla fine, impotente rispetto ai molti ruoli affidatigli e subalterno al conducator meneghino.
Senza la ricostruzione di un centro credibile, democratico, popolare, espressione di ciò che resta delle culture politiche che sono state alla base del patto costituzionale, quella cattolico democratica, liberale, repubblicana, riformista socialista e marxista, non sarà possibile arginare la deriva nazionalista e populista salviniana. Una deriva che ha portato all’isolamento più grave dell’Italia sul piano europeo , alla confusione della nostra linea tradizionale filo atlantica in politica estera, e, dopo più di un anno di governo, all’odierna condizione di stagnazione economica e sociale.
Qualche anima bella di casa nostra DC, sembra storcere il naso all’attenzione che personalmente poniamo a tutto ciò che sta accadendo a partire dall’incontro di Roma degli amici citati de “ La rete bianca”. Certo condivido l’esigenza di volti nuovi non compromessi e più credibili, ma i tempi imposti dalla politica italiana, temo che non permettano una così drastica selezione di classe dirigente.
A questi Torquemada del “nuovo che avanza”, savonaroliani senza esercito, vorrei ricordare cosa scriveva il grande Niccolò nel Capitolo VI de “ Il Principe”: “De principatibus novis qui armis propriis et virtute acquirunter”
“ E debbasi considerare, come non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo ad introdurre nuovi ordini. Perché l’introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbero bene. La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro, parte dalla incredulità delli uomini; li quali non credono in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza. Donde nasce che, qualunque volta quelli che sono inimici hanno occasione di assaltare, lo fanno partigianamente, e quelli altri defendano tepidamente; in modo che insieme con loro si periclita.”
Credo sia giunto il tempo di metter insieme le energie migliori presenti nell’area centrale della politica italiana, per ridare una speranza a quel 50% di elettori che non vanno a votare e rinsaldare, come seppe fare a suo tempo e per lunghi anni la DC, gli interessi e i valori dei ceti medi produttivi con quelli delle classi popolari. Noi “ DC non pentiti” siamo pronti a offrire il nostro contributo.
Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti) 2 Agosto 2019